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Inchieste

Candidato alle regionali ordina al proprio attacchino di coprire tutti i manifesti non suoi sul proprio territorio

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SANT’ANTIMO – Non c’è tregua per la parte sana della città di Sant’Antimo. Dopo aver subito l’onta dello scioglimento per infiltrazioni camorristiche, aver visto 59 arresti e 103 persone indagate al margine dell’inchiesta “Antemio” dove si acclarava la commistione tra una parte della politica locale con i clan egemoni del territorio, oggi è costretta a guardare il video dove il Candidato alle prossime elezioni regionali con la lista “Fare Democratico” Edoardo D’Antonio, santantimese e militante tra le file di Forza Italia nell’ultimo Consiglio Comunale, mentre parla su whatsapp col suo attacchino dà ordine di coprire tutti i manifesti elettorali che non riportano il suo bel faccione.

All’interno dell’audio si può ascoltare benissimo la sua voce che ordina al suo interlocutore di coprire tutti i manifesti che non sono suoi (di Eduardo D’Antonio ndr) e che avrebbe già messo in conto le conseguenze con il massimo della pena che gli si possa infliggere, ossia la multa per aver affisso i manifesti fuori dal suo spazio assegnato.

Insomma, un comportamento del tutto etico e morale per chi vuole accingersi a diventare consigliere regionale, quelli che una volta venivano anche chiamati onorevoli. Ma in questo gesto, in queste richieste, non c’è nulla di onorevole, anzi, c’è tutta la prepotenza di chi vuole far capire ai propri cittadini chi “ce l’ha più lungo” giusto per trascendere ed essere comprensibile a quei livelli.

Edoardo D’Antonio ha fatto un autogol incredibile e dimostrato ai suoi concittadini che la prepotenza in politica ancora esiste e che resiste nell’animo di una certa parte della politica cittadina.

A questo gioco al massacro non ci sta una buona parte della cittadinanza attiva, quella parte sana che vorrebbe vedere la propria città rilanciata verso un futuro migliore, così ha deciso di scendere in campo e denunciare l’accaduto alle Forze dell’Ordine, munendosi di file audio e tanto spirito di giustizia. Vi terremo aggiornati.

Inchieste

Ancona, scoperta maxi frode fiscale da 2 miliardi di euro: i dettagli

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La Procura e la Guardia di Finanza di Ancona hanno scoperto una maxi frode fiscale da 2 miliardi di euro, che coinvolge ben 140 società fantasma.

L’operazione sarebbe partita da alcuni laboratori di confezione gestiti da cinesi nella provincia di Ancona, dove è stata scoperta una rete di società cartiere responsabile dell’emissione di fatture false per circa 150 milioni di euro, con un’evasione di circa 33 milioni di euro di Iva.

In particolare, le modalità adottate avrebbero assicurato agli imprenditori coinvolti l’immediata disponibilità del profitto della frode fiscale. Pertanto, le Fiamme Gialle di Senigallia hanno portato alla luce una rete di ulteriori 140 imprese esistenti solo sulla carta, domiciliate in luoghi improbabili se non ad indirizzi inesistenti.

Ebbene, queste aziende hanno emesso fatture false per un miliardo e 700 milioni di euro nel giro di soli due anni. Inoltre, sono stati eseguiti più di 30 provvedimenti di perquisizione e analizzati, sequestrati e bloccata l’operatività di 1.569 conti bancari, con l’impiego di 100 uomini nelle attività di perquisizione che hanno interessato le località Milano e provincia, Roncello (MB), Gallarate (VA), Montirone (BS), Firenze e provincia, Padova e Vittoria (RG).

Al momento, sono finiti sotto sequestro 350 milioni di euro e gli indagati sono 85.

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Inchieste

Appalti Rione Terra: concessi i domiciliari a Nicola Oddati, ex dirigente della Regione Campania

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Il Gip del Tribunale di Napoli ha concesso gli arresti domiciliari per Nicola Oddati, ex dirigente della Regione Campania nonché ex assessore comunale di Napoli dal 2001 al 2011, arrestato lo scorso 15 gennaio nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti al Rione Terra.

Pertanto, anche il legale dell’ex sindaco di Pozzuoli Vincenzo Figliolia ha presentato istanza per ottenere gli arresti domiciliari. Infatti, i due politici sono tra i destinatari di un’ordinanza applicativa di misure cautelari personali nei confronti di 11 persone gravemente indiziate, a vario titolo, dei reati di concorso in turbata libertà degli incanti, corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio e traffico di influenze illecite.

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Inchieste

Milano, disposto il Commissariamento per l’azienda di alta moda Alviero Martini

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Guai seri per l’azienda dell’alta moda Alviero Martini S.p.a., specializzata in borse e accessori, visto che stamane la Sezione Autonoma misure di prevenzione del Tribunale di Milano ha disposto l’amministrazione giudiziaria, nell’ambito di un’inchiesta dei carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro.

In particolare, l’azienda è “ritenuta incapace di prevenire e arginare fenomeni di sfruttamento lavorativo nell’ambito del ciclo produttivo”. Infatti, sarebbero stati massimizzati i profitti usando opifici cinesi e facendo ricorso a manovalanza in nero e clandestina.

Secondo i primi accertamenti, l’impresa non avrebbe “mai effettuato ispezioni o audit sulla filiera produttiva per appurare le reali condizioni lavorative e le capacità tecniche delle aziende appaltatrici, tanto da agevolare (colposamente) soggetti raggiunti da corposi elementi probatori in ordine al delitto di caporalato. E’ stato accertato che la casa di moda avrebbe affidato, mediante contratto di appalto con divieto di sub-appalto senza preventiva autorizzazione, l’intera produzione a società terze, con completa esternalizzazione dei processi produttivi”.

Tuttavia, “le aziende appaltatrici avrebbero solo nominalmente un’adeguata capacità produttiva e avrebbero potuto competere sul mercato solo esternalizzando le commesse ad opifici cinesi, i quali riescono ad abbattere a loro volta i costi grazie all’impiego di manodopera irregolare e clandestina in condizioni di sfruttamento”.

Nelle indagini dei carabinieri partite da settembre 2023, sono state effettuati accertamenti sulle modalità di produzione, confezionamento e commercializzazione dei capi d’alta moda, procedendo al controllo dei soggetti affidatari degli appalti nonché dei sub-affidatari non autorizzati, costituiti esclusivamente da opifici gestiti da cittadini cinesi nelle province di Milano, Monza e Brianza e Pavia.

Inoltre, gli otto opifici sottoposti a controllo sono risultati tutti irregolari, e in essi sono stati identificati 197 lavoratori di cui 37 occupati in nero e clandestini. Negli stabilimenti di produzione effettiva e non autorizzata “è stato riscontrato che la lavorazione avveniva in condizione di sfruttamento (pagamento sotto soglia, orario di lavoro non conforme, ambienti di lavoro insalubri), in presenza di gravi violazioni in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro (omessa sorveglianza sanitaria, omessa formazione e informazione), nonché ospitando la manodopera in dormitori realizzati abusivamente ed in condizioni igienico sanitarie sotto minimo etico”.

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